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Alla fine si risolvette che non si risolverebbe nulla prima di sentire anche il dottor De Emma.
Chiarite così le cose, la vita al Presbiterio si fece più intima e confidente. Io, come intermediario, partecipavo alla gioia comune.
V’era però una nube in tanta serenità, una nube minacciosa di arcane tempeste: il contegno di don Sebastiano.
Era divenuto più molesto che mai nella nostra piccola comunione d’anime. Diveniva ogni dì più arcigno ed asciutto. Io che solo avevo il diritto di infischiarmene, gli avevo posto nome don Incubo, - ma m’inquietavo pei miei amici.
Il vicecurato con don Luigi e con me non parlava mai neppure indirettamente di Aminta.
Però era certo ch’egli era informato di ciò che succedeva.
Mansueta ci aveva riferite alcune buie parole dette da colui riguardo al nipote, dalle quali si arguiva ch’egli disapprovava vivamente il progettato mutamento.
Ma non badavamo troppo a lui.
Uno di quei giorni venne il dottor De Emma, espressamente invitato da don Luigi, e si tenne al Presbiterio una specie di consiglio di famiglia al quale presi parte con voto consultivo.
Il dottore si mostrò più impensierito che non avrei supposto della guerra dichiarata al sindaco per causa di Aminta. Fui non poco sorpreso allora delle sue visibili apprensioni, la cui causa rimaneva per me un mistero.
Non potevo persuadermi che un uomo di posizione e di carattere tanto superiore e tanto indipendente