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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Praga - Memorie del presbiterio.djvu{{padleft:22|3|0]]visibile stento. Aveva la larga fronte coronata di capelli bianchissimi; illuminati dalla luna, li avresti detti un’aureola. Non so quale solennità traspariva da tutta la sua figura. Alla commozione che già mi dominava, si aggiunse, al suo apparire, una specie di vaga dolcezza.
Mi tirai da un canto, levai il cappello e gli fissai gli occhi nel viso.
Ma nel suo pensiero non esisteva certo, in quel momento, che una immagine; quella della morte con cui stava per trovarsi a colloquio. Egli meditava la parola che le pone sulla fronte il sorriso.
Passò in mezzo a noi, colla testa fissa al villaggio, senza vederci.
— Brav’uomo, dissi al campanaro; ho mutato avviso. Mi fermo qui: dormirò dal vostro curato.
Il viso del sagrestano si illuminò.
— Che buona idea, signor mio, che bel pensiero, esclamò con quella sua voce strozzata che parea voler farsi ad ogni costo gentile per ringraziarmi. E soggiunse, mettendomi le mani ai panni:
— Dia a me la valigia, dia tutto a me; la si metta in libertà; che bella improvvisata per don Luigi! questa sera ne aveva proprio bisogno. Se sapesse, signor mio, come ritorna sbigottito il pover’uomo dalle visite ai moribondi! ne perde l’appetito per una settimana.
— Badate, gli diss’io cedendogli il mio piccolo bagaglio; badate che spenderò la vostra parola; che senza le informazioni che mi avete fornite, non avrei osato certo...
— Ma che dice! vedrà che accoglienza le sarà fatta; e ne avrò anch’io la mia parte, per avervi guidato.