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Don Luigi non aveva potuto rispondere altrimenti che con un cenno affermativo del capo: era tanto abbattuto che Attilio non aveva creduto di insistere.
Egli mi disse:
— Capirai che probabilmente sarò costretto ad assumere un suo formale interrogatorio. Ti ripeto che lo credo innocente, — ma intanto è necessario che ciò si chiarisca nella procedura.
L’impreveduta confidenza mi aveva tanto sbalordito che non potei profferire parola.
Seguii come trasognato il mio amico fino alla stalla dell’inserviente, dove avevano condotti i cavalli.
Quivi sopraggiunse poco dopo il signor De Emma.
Ci prese in disparte e disse ad Attilio:
— Signor avvocato, don Luigi si è candidamente accusato e non ha pensato a difendersi. Egli le ha detto la verità ma non tutta la verità. Le sue confessioni possono far sospettare di lui; ma io le posso assicurare che il dabben uomo non ebbe mai verso il De Boni l’ombra di una colpa. La scongiuro a mani giunte di non tenerne conto: un atto di procedura fondato sovra esse non gioverebbe alla giustizia ma ucciderebbe senza riparo la riputazione e forse anco la vita di un innocente.
Attilio esitava a rispondere.
Il dottore soggiunse:
— Il suo amico le può dire che fior di galantuomo sia don Luigi.
— Però v’è contro di lui un indizio grave, — osservò Attilio. — risulterebbe che egli abbia imposto il peso di un suo figlio naturale al signor De Boni.... si può indurre che egli aveva interesse a temerne e ad evitarne le rivelazioni....