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E così di seguito.

Che c’era di vero in tutto ciò?

Eccolo detto in poche parole:

De Emma non era l’amante di Jenny, il padre di Jenny non era un babbeo; ma il primo interlocutore aveva ragione. — De Emma era innamorato. E il padre di Jenny se ne accorgeva.

Innamorato senza volerlo, quasi senza saperlo; come si è innamorati per la prima volta; innamorato non tanto della creatura come della poesia che ella espandeva; assorto in questa come in una visione; infelicissimo quasi sempre e più che mille volte felice in un giorno.

Venne l’ora in cui constatò la propria malattia, e se ne atterrì come mai forse non si era atterrito al capezzale di nessun infermo.

Due soli rimedii potevano salvarlo: uno d’ambrosia, l’altro di tossico; al primo non poteva, non doveva nemmeno pensarci; quanto al secondo, c’erano novantacinque probabilità su cento che invece di guarirlo lo avrebbe ucciso. De Emma scelse quest’ultimo.

Il giorno stesso in cui si era convinto della dolce e crudele verità, egli ricevette un invito come al solito dettato nei termini della più squisita gentilezza, in cui lo si invitava in campagna ad Hutley House, per l’indomani; era sottoscritto «Jenny».

Il povero giovane rispose immediatamente di non poter aderire all’invito attestando occupazioni che gli avrebbero reso necessario per assai tempo il soggiorno alla capitale. È vero che lacerò per ben tre volte il biglietto prima di poterlo scrivere in modo che la sua disperazione non trasparisse dalla sconnessione delle frasi e dei caratteri.

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