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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Praga - Memorie del presbiterio.djvu{{padleft:268|3|0]]Questa fu la sua vendetta. Jenny ne fu commossa, Nel congedarla il giorno dopo non potè esimersi dal dirle: — tornerete?
Rosilde le rispose: — A salutarvi. Molto probabilmente io lascierò di nuovo l’Italia. E le strinse la mano perfettamente tranquilla.
Il dottore s’era accorto all’ultimo delle inquietudini della moglie e, contentissimo di essere liberato da una posizione molesta, si guardò bene dal rattizzarla con delle imprudenze. Riconoscente di tutto cuore a Rosilde della sua discrezione, finchè ella rimase a Sulzena, non cercò una volta sola di vederla.
La ritrovò una sera per caso in quelle circostanze strane descrittemi dallo speziale.
La povera giovine sorpresa nel proprio segreto gli contò allora la sua vita degli ultimi mesi, un romanzo di trista e funesta dolcezza. L’infelice s’era lusingata di tradurre in pratica il suo sogno di Brighton.
La quiete del Presbitero l’aveva sedotta, ammaliata il carattere timido, pensieroso e malinconico di Don Luigi, allora giovane di aspetto e di forze malgrado i suoi quarant’anni sonati.
Per certe donne l’amore non è che una forma più squisita della compassione: danno il loro cuore per un sentimento affine a quello per cui si farebbero suore di carità.
Rosilde era di questi caratteri che pensano sempre agli altri e mai a sè stessi, che si guardano ansiosi intorno per trovare se c’è persona da soccorrere, da consolare e si feriscono spesso a morte per risanare il primo capitato da una scalfittura.
La triste solitudine di quest’uomo così buono, così degno d’affetto la commosse.