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Sul camino, piccolo in confronto all’ampiezza della stanza, sorgeva sotto il suo berrettone di vetro un pendolo tutto incrostato di conchiglie marine d’ogni specie e d’ogni colore, che nell’insieme formavano un disegno assai somigliante alla rosa dei venti. Ai lati due vasi di ardesia, lunghi lunghi, di forma conica, ricolmi di carte fuor d’uso, di vecchi astucci da occhiali, e di fuscelli di malva appassita, pieni di polvere.

Evidentemente il curato non prodigava le sue affezioni domestiche al di là della libreria.

La fantesca ritornò sull’uscio donde era uscita. Il cigolìo mi fe’ volgere la testa: ella pareva volermi dire alcun che e non averne il coraggio. Dopo aver titubato alquanto:

— La scusi, balbettò, la scusi tanto; mi trovo colla credenza vuota come la chiesa alla mezzanotte. Domani sì, ce ne sarà della grazia di Dio... adesso..

— Oh! la mia cara donna, la interruppi, vi pare? Fatemi friggere due ova, e datemi un boccone di cacio, oppure un tozzo di pane in una scodella di latte; sono i cibi che preferisco e non voglio assolutamente che vi diate altre brighe. Anzi, se mi permettete, verrò in cucina ad aiutarvi.

— Oh! che buon signore! già l’ho detto subito dalla faccia. Venga pur qui, se non vuol star solo finchè torni don Luigi; quanto ad aiutarmi (e si diè a ridere fra i denti), non è mica caso... se ne avessi bisogno, c’è Baccio.

— A proposito, sclamò il campanaro quando entravamo in cucina; mi scordavo di dirvelo, o Mansueta; sapete dov’è il signor curato?

— Lo so io? stavo annaffiando quel po’ di piselletti che sembra siano stati cosputati dalle streghe, che

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