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E una sera non la trovai più. La donna che l’aveva ospitata mi disse che era andata con un uomo di cui non mi volle dire il nome.

Seppi poco dopo ch’ella viveva quasi matrimonialmente col De Boni in una cascina poco lontana di qui e che non faceva mistero alcuno della sua sciagurata condizione.

A tutta prima questa notizia mi rivoltò contro di lei, e mi ispirò dei giudizi che poveretta non meritava davvero... ma il cuore mi diceva che Rosilde non era la donna volgare che allora sembrava a tutti, che nella sua repentina arrendevolezza ci doveva essere un perchè non ordinario, — mi diceva il cuore che doveva essere qualche nuovo sagrifizio. Diffatti!.....

Io non potevo per diverse ragioni approfondire la cosa: fra l’altre il timore di adombrare il De Boni, così permaloso. Ma circa sette mesi dopo venne egli stesso a cercarmi e mi condusse nella stamberga dove aveva nascosto, come un lupo la sua preda, la povera Rosilde e dov’ella era agonizzante.

Egli mi fe’ visitare la donna e s’informò da me minutamente del suo stato e delle origini di esso. Mi tenni sulle generali — uno sguardo supplice dell’inferma mi aveva messo sull’avviso.

Tornai da solo l’indomani.

Appena mi vide mi trasse vicino e mi disse sommessamente:

— Son sicura che voi non avete detto nulla al De Boni: ma perdonatemi, ho bisogno che me lo promettiate solennemente... egli deve credere quello che voglio io.....

Mi ritrassi vivamente e la guardai con isgomento. Avevo intravveduto il suo disegno. Frode orribile

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