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D’improvviso uno squillo, forte e nitido, cadde dall’alto, e rimbombò nell’aria tragicamente.

— Che è questo?

— È Baccio che suona l’agonia per la Gina. E abbandonati i fornelli, e accostatasi ad una scranna, la povera creatura cadde ginocchioni.

O memoria della mia giovinezza!... Contemplai per un istante quella testa grigia, e involontariamente piegai un ginocchio al suo fianco. Fu in questa posizione che trovommi in casa sua il curato di Sulzena.


V.


Mi rivolsi al suono dei suoi passi, mi rizzai, e gli mossi incontro. Egli si fermò, mi stese ambe le mani, e, prima ch’io trovassi una parola, mi disse:

— Quanto vi sono grato di non aver proseguito il vostro viaggio. Oh! non l’avrei perdonata a Baccio, se vi avesse lasciato partire.

E data un’occhiata intorno per la cucina, si rivolse a Mansueta, che si era pur alzata al suo arrivo e che lo stava contemplando come una imagine santa.

I rintocchi dell’agonia continuavano.

— Sei colta all’improvviso, non è vero, poveretta? Hai detto a questo signore l’abbondanza dei nostri paesi?

— Oh! è un signore alla buona. Ed ecco le ova che ha desiderato; fresche come l’acqua del pozzo.

— Una cena simile! disse il curato; e abbassando la voce, soggiunse tristamente:

— E accompagnata da musica siffatta.

Mi introdusse dipoi nel tinello dove la vecchia fante non tardò a depormi innanzi, sopra un tova-

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