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VI.


Una delle più care soddisfazioni che si possano provare viaggiando, è quella del ritrovarsi, dopo un buon sonno, in un paese dove si è giunti di notte e di cui, per conseguenza, non avete che una idea complessiva raccolta nel buio, e, il più delle volte, affatto opposta alla realtà. Giacchè tenebra vuol dire esagerazione, così nel bene come nel male, nel brutto come nel bello. Svanita la fatica del corpo e l’animo riposato delle memorie del cammino percorso, le novità che vi circondano par che acquistino attrattive maggiori. Uscendo dalla nuova camera o solo mettendo il capo alla finestra, l’aspettazione e la curiosità sono soddisfatte, comunque sia la scena che vi si affaccia, nel modo stesso che se foste davanti ad un quadro nel momento in cui l’artista ne toglie il lenzuolo che lo nascondeva. La porta e la finestra danno sull’ignoto; un passo, e voi sapete, d’improvviso, a che vi hanno condotto le tante leghe percorse; un’occhiata, e vi decidete a restare o rifare il bagaglio: — parlo a coloro che viaggiano — come si dovrebbe sempre viaggiare — senza meta prestabilita.

Ora la mia finestra dava sul giardino del presbiterio; un giardino ampio e solcato, sparso da viali di varia larghezza che si intersecavano ad angoli retti, dando altrettanti confini alle aiuole. In quegli angoli sorgevano, sovrapposti a rozze basi di mattoni dei vasi di limoni di straordinario rigoglio, le cui foglie si distinguevano, pel luccichio, in mezzo a tutte le altre. Le viti sorrette da lunghi pali, erravano in tutte le direzioni, qui formando delle vie

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