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Ma ciò non poteva sembrare ugualmente utile a quei di casa sua, specialmente al figlio Angelo, che contava allora già più di trent’anni e che, da quando il padre s’era ammalato, si considerava come capo della famiglia. Egli aveva col sangue ereditato tutta la sordidezza e la prepotenza del padre: — si oppose vigorosamente alla sua ruinosa follia. Non lo perdette più d’occhio un minuto; prese un robusto montanaro tra i suoi mandriani e lo creò carceriere del vecchio idiota, Costui, felice di vendicarsi dei maltrattamenti avuti dal De Boni, fece il mestiere a meraviglia; — custodiva rigorosamente il suo padrone e lo picchiava un poco ogni giorno. La famiglia non se ne dava per intesa. Ma il povero rimbambito entrava in parossismi furiosi: egli urlava come un ossesso — tanto che la gente si fermava nella strada. Un giorno qualcuno gridò ad alta voce contro queste violenze — e il montanaro affacciatosi alla finestra rispose:
— Ma è pazzo, pazzo da legare.
Questa scena diede ad Angelo un’idea: pensò di liberarsi di quel fastidio col mettere il vecchio al manicomio.
E andò difilato dal!’intendente. Ma questi, udito il suo desiderio, tirò innanzi delle difficoltà; — ci volevano tante condizioni per far ricoverare il vecchio — eppoi, egli non era povero, — era necessario pagare una retta mensile piuttosto grave.
Angelo uscì di là bestemmiando contro questa società che non gli usava la finezza di liberarlo di suo padre. Ma in quel torno una circostanza venne a favorire il suo disegno.
Un giorno che pioveva a rovesci e le vie della piccola città erano mutate in torrentelli melmosi,