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Io era colpito dal fulmine. Pronunciando quel nome, Baccio mi aveva rubato, tradito, assassinato! Io che sognavo nello sconosciuto, nell’innominato di Zugliano, un fantastico personaggio da romanzo a sensazione, un grande colpevole o una grande vittima costretta dalla fatalità a ricoverarsi nella solitudine e nell’ombra, mi trovava in faccia al mio ideale rimpicciolito nella casacca di un semplice medico! Mi si calava la tela sul più bello del primo atto, mi si era carpito il denaro del biglietto d’ingresso! Addio curiosità, addio interesse! Povero Bazzetta! E che noiosa giornata mi si parava d’innanzi!

Meditavo sul mio avverso destino, quando un rapido movimento di Baccio mi fe’ volgere la testa malinconicamente china al pavimento. Come se un cenno imperioso lo avesse chiamato, lasciò la granata e un cencio che avea fra le mani e con quelle sue gambe affusolate fu nel giardino in due salti. Lo seguii istintivamente, ma mi arrestai tosto, udendo la voce di Bazzetta che, nascosto dietro lo spigolo, parlava a bassa voce al campanaro, a due passi dalla finestra.

— Ricordati bene di quanto ti dico. Non pronunciar mai, in presenza del forestiero, nè il nome, nè il cognome del dottore. Se ti occorre parlargli, di’ «signor dottore» e basta. Hai capito? Lo so io il perchè... è una celia, una improvvisata che voglio fare. Siamo intesi.

Bazzetta doveva essere un ben noto burlone, e Baccio molto abituato alle sue gherminelle, per rispondergli con perfetta semplicità, come alla cosa più naturale del mondo, un asciutto:

— Va bene.

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