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eugenio anieghin 107

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CAPITOLO TERZO.

Elle ètait fille, elle ètait amoureuse.

Malfilatre.

“Dove corri? Ahi, poeti! poeti!.....”

“Addio, Anieghin, è tempo che io vada.”

“Non ti trattengo. Ma dove passi la serata?”

“Dai Larin.”

“Mi fa specie. Come mai non t’incresce di perdere in tal guisa i tuoi istanti?”

“Niente affatto.”

“Non so capire il tuo gusto. Mi pare di vederli. Non è così?... Una sempliciotta famiglia russa; gran cordialità per gli invitati; tortelli di panna; i soliti ragionamenti intorno alla pioggia, al lino e al bestiame”

“Non ci vedo nessun male.”

“Il male, caro amico, è la noia.”

“Io fuggo le vostre riunioni eleganti; preferisco una società senza pretensione ove posso....”

“Ecco daccapo la bucolica!... Basta, basta per amor del cielo. Tu parti.... ma odi, Lenschi! non potrei vederla io questa Fillide, oggetto dei tuoi pensieri, delle tue lacrime, delle tue rime, eccetera? Presentami.”

“Tu mi beffi.”

“Oibò.”

“Acconsento.”

“Quando?”

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