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xii | cenni intorno alla vita |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Puskin - Racconti poetici, 1856.djvu{{padleft:19|3|0]]nuovi colori per descriverle. Così, mentre il genio di Byron inspirava Lamartine in Francia, si suscitava un emulo e quasi un fratello in Russia.
Nel 1822, Puschin lasciò Chiceneff senza avvertire nè il governatore, nè alcuno dei suoi conoscenti e amici. Il generale e tutti gli abitanti stavano in una mortale inquietezza. Tutti domandavano: "Dov’è? Perchè è partito? Che gli sarà successo?"
Frattanto, il poeta fuggitivo si dirigeva verso i confini dell’impero in compagnia di.... Chi lo crederebbe? di una truppa di zingari erranti. La cronaca scandalosa di quel tempo attribuisce ai soavi sguardi, al dolce sorriso, alle belle forme della zingarella Mariola, la disparizione del poeta.
Tornato a Chiceneff, dovè passare alcuni giorni in prigione, durante i quali imaginò e schizzò il suo poema delli Zingari. Ma non lo terminò che nel 1824, perchè già egli sentiva la necessità di maturar meglio i suoi lavori.
Percorse anche la Crimea, e fra le città che visitò, più d’ogni altra lo dilettò Bakcisarai, antica residenza dei khan tartari, dei quali tuttora esiste il palazzo costruito nel più ricco stile dell’architettura moresca. Queste rovine gli suggeriron l’idea del suo poema intitolato la Fontana di Bakcisarai.
Nel 1824, cessato il suo esilio nella Russia meridionale, egli si recò al suo castello di Micailovschi (nel governo di Pscoff). Vi rimase fino al mese di settembre del 1826. Non gli era ancora permesso di abitare Mosca nè San Pietroburgo; tal divieto fu levato dall’imperatore Nicolò, nel giorno del suo incoronamento.
Dalla villa di Micailovschi, così scriveva Puschin ad un amico: «J’ai jetè ma gourme nelle provincie meridionali dell’impero. Reduce nel Castel natio (sic) mi son trovato» solo a solo con me stesso in faccia all’elemento russo schietto schietto. Mio padre e la sua comitiva francese