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eugenio anieghin | 199 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Puskin - Racconti poetici, 1856.djvu{{padleft:240|3|0]]e di amore le si butta in ginocchio davanti. Essa freme e tace; lo contempla senza spavento, senza cruccio. I di lui occhi addolorati, spenti, l’atto supplichevole, i muti rimproveri, le attestano la sua sincerità. Ecco rinasce l’ingenua verginella di prima, colle sue illusioni, colla sua leggiadra semplicità. Non lo rialza da terra, non torce gli sguardi lontan da lui, non ritira a sè la mano che egli copre di baci ardenti..... Che mai pensa? Dopo un lungo intervallo di silenzio, essa esclama:
“Basta. Levatevi. Conviene ch’io mi spieghi schiettamente. Anieghin, vi rimembra di quella sera in cui per caso ci incontrammo in un viale del giardino, di quella sera in cui ascoltai sì umilmente le vostre ammonizioni? Oggi tocca a me ad ammonirvi. Allora io era più giovane, e, credo, più bella... e io vi amava.... Che mi deste in iscambio del mio amore? Come mi corrispondeste? Foste rigido e spietato.... Non è egli vero? L’affetto d’una timida fanciulla non vi parve una gran novità. Ahi che tuttora mi si gela il sangue nelle vene quando mi rappresento quello sguardo gelido e quel rabbuffo acerbo!... Ma non vi appongo biasimo..... agiste nobilmente in quel funesto istante; mi trattaste come io meritava.... ve ne son grata di cuore..... Ma in quelle campagne, priva di vani onori, io non vi piacqui... Perchè mai mi inseguite adesso? Perchè son divenuta l’oggetto delle vostre attenzioni? Sarebbe forse perchè adesso io vivo nell’alta società; perchè sono ricca e illustre; perchè mio marito è stato mutilato nelle guerre; perchè la corte ci ricerca e ci vuol bene? Forse perchè adesso il mio disonore sarebbe noto a