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4 il prigioniero del caucaso.

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Puskin - Racconti poetici, 1856.djvu{{padleft:45|3|0]]fronte: ristorato da quel dolce calore, si sente rinascere, e pian piano solleva dal suolo il debil fianco; gira lentamente gli occhi intorno, e ovunque li fissa, niente altro distingue che monti inaccessibili, asilo d’un popolo di predoni, riparo e rôcca naturale dei Circassi. Serba appena una imagine confusa dell’accaduto; ma ode tintinnire le catene che gli gravano i piedi: quell’orribil suono gli richiama a mente la sua condizione funesta; e allora, più non scorge nè terra nè cielo. Addio, cara e santa libertà! Egli è schiavo.

Ha per covile un recinto di pali fortissimi, contiguo alle capanne dei masnadieri. I Circassi vagano per la pianura; l’aúl è vuoto d’abitanti; nessuno osserva il giovine Russo. Dinanzi a lui schiudonsi le profonde valli del Caucaso ammantate di verdeggianti selve; al di sopra schieransi in anfiteatro i gioghi e le guglie irte di ghiaccio. Un sentiero tristo e solingo sale e scende su quelle pendici, e svanisce per quelle foreste. A tal vista, il petto dell’infelice palpita commosso da violenti affetti.... Quel sentiero conduce in Russia, nella contrada ove altero, avventuroso, passò i più belli anni suoi; ove assaporò le prime gioie della vita, ove amò tanto, ove tanto soffrì, ove, finalmente, dopo aver lasciato nel vortice delle passioni la speranza, l’allegria, il desiderio, recuperò una seconda volta le illusioni dell’età fiorita. Adesso egli conosce gli uomini, e sa valutare a dovere questa nostra fugace esistenza. Fra i fiori dell’amicizia ha incontrato il laccio del tradimento; nel nappo dell’amore ha sorbito un veleno; ludibrio d’una vanità ch’egli pur da gran tempo aborriva, bersaglio della maldicenza bifida e

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