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Desideriamo soltanto che tutti al pari di noi si spoglino d’ogni spirito municipale, e si risolva senza passione ciò che vorrà il vantaggio comune.

Qualunque sia la scelta, io penso però che nulla debba innovarsi finchè non sarà compiuta l’unificazione d’Italia; e quando alcuni anni d’uso di vita politica avranno temprati i caratteri, e avvezzata la popolazione ad affrontare le sue crisi con calma, e ad uscirne colla prudenza, e mediante l’esercizio delle virtù cittadine; quando gl’Italiani avranno imparato a far prevalere le loro opinioni mediante lotte parlamentari e legali, senza ricorrere a violenze od a mezzi settari: — sarà allora tempo d’occuparsene, ed il cambiamento potrà accadere senza danno.

È inutile intanto estendersi su quest’argomento. Mi sia tuttavia permesso d’aggiungere, che a parer mio come sede del Governo la città preferibile a tutte la stimo Firenze.

Firenze fu il centro dell’ultima civiltà italiana del medio evo.

È, come fu sempre, centro della lingua; e la lingua è fra i principali vincoli che riuniscono e mantengono vive le nazionalità.

È posta a giusta distanza dalle due estremità della penisola.

È nè troppo esposta ad un assalto dal mare, nè da esso troppo lontana: ed opere idrauliche sull’Arno ve la potrebbero avvicinare di più.

È in buon clima, protetta da un assalto dal nord dalle due linee, quella del Po e dell’Appennino, rafforzata ora dai lavori eseguiti a Bologna.

Facile a fortificarsi, volendo, con forti separati e fuor del tiro dalla sua cerchia.

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