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Nessun uomo sensato, qualunque sieno le sue opinioni circa il soprannaturale, può considerare come indifferente l’indebolimento del senso religioso di un popolo.
In Italia questo sentimento non può connettersi che col cattolicismo. Non siamo più ai tempi ne’ quali si mutava sinceramente la fede dell’infanzia. E cadendo il sentimento cattolico, nulla può sottentrare al suo luogo.
Il sentimento cattolico essendosi indebolito per non dir peggio, ne viene dunque per necessaria conseguenza che il senso religioso e morale si sono egualmente indeboliti da due anni in qua in Italia; e di questo triste fatto ricade tutta la responsabilità sulla Corte di Roma.
Ciò era da prevedersi.
Nell’ultima lotta del 1859 Roma stette coll’Austria. Essa era col cuore e collo spirito nel campo de’ nostri nemici, e se dipendeva da lei, a quest’ora il calcagno dell’Imperator Francesco calcherebbe di nuovo il collo d’Italia. Roma non nascose le sue ansie nè le sue ardenti speranze prima di Solferino; nè dopo serbò nessun pudore nella sua desolazione. Roma nel suo naufragio, retta sull’acque dalla potenza della Francia, morse la mano che l’impediva d’affondare. Roma aprì mercato di vite per formarsi un esercito composto come le antiche compagnie di ventura, nè s’arretrò alla vista delle stragi e del sangue. Roma ricusa ostinata consigli amichevoli e prudenti, ricusa riforme, ricusa patti, sembra in verità che la vista del potere che le sfugge la renda demente. Ciò che in un altro Governo sarebbe plausibile, è inesplicabile in lei! Non si comprende difatti per qual motivo essa non ripeta una volta di più, ciò che pose in opera già tante volte: non ceda per guadagnar tempo, e non prometta,