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Profeti lasciato dal Redentore ai secoli avvenire, onde preservarli da seduzione ed inganni «a fructibus eorum cognoscetis eos,» poichè non può la mala pianta dar buon frutto, e viceversa!
XIX.
Da tutto ciò appare che la conseguenza della condotta della Corte di Roma in quest’ultimi tempi non poteva essere altra fuori di confermare i non credenti nell’opinione che il culto cattolico sta per perire.
Ed i credenti nella sola idea che possa servir loro di rifugio, idea che si cambia oramai in una calda aspirazione, essere cioè la rovina del potere temporale, un fatto provvidenziale destinato a purgare la Chiesa da’ suoi vizi e dalle sue macchie, a rimetterla sulla buona via, ed a rinnovarla. E ciò equivale a riconoscere che Roma d’oggi non rappresenta nè il Vangelo, nè il Cattolicismo. Ma chi saprà definire il limite che separa il buono dal guasto?
Chi saprà conoscere dove sia da darsi il taglio? Ed intanto gli animi ondeggiano nel dubbio, o s’acquietano nell’indifferenza!
Roma ebbe troppo interesse a confondere in simil materia principii ed idee. Essa sperò che legando il temporale strettamente al dogma, questo salvasse quello; ed invece, che cosa vediamo in oggi? Precisamente il rovescio: vediamo il temporale trascinare il dogma nella sua rovina!
Questo tristo spettacolo aggiunge fiamma allo sdegno antico degli Italiani contro la Corte di Roma; ed è naturale che al tempo stesso essi giudichino la sua questione ad un punto di vista esclusivo che non è quello dell’Europa.