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Con questo od altro consimile ordinamento — chè potrebbe essere combinato in forme diverse col principio medesimo — verrebbe soddisfatto in qualche modo al voto di chi all’estero vuol conservata una qualunque sovranità al Papa, e gl’Italiani — tutti senza eccezione — si troverebbero finalmente liberi da un Governo che oramai bisogna considerare, piaccia o non piaccia, come caduto, e che la forza sola potrebbe riporre e mantenere in piedi.
L’importanza per ora sta nel persuadersi, che è vano prolungare l’occupazione di Roma, colla speranza che nell’aspettare possa nascere da sè una soluzione.
La soluzione non verrà mai, per la semplice ragione che la Curia Romana finchè sarà protetta, non avrà nessun motivo di cedere, e le converrà sempre aspettare il benefizio del tempo.
Si applichi invece alla questione romana quel rimedio medesimo che da tanto tempo l’Italia chiedeva all’Europa, e che solo poteva salvare l’una e l’altra, come le ha salvate in effetto, da sciagure impossibili a prevedersi. Se le applichi la massima del non intervento, e Roma sarà fatta uscire da una posizione fittizia, che contribuisce ad aumentare il suo accecamento, per venire a collocarla nella sua posizione reale.
Essa, vedendo ridotta a nulla la sua forza materiale, dovrà rinunziare alle armi della violenza. Conoscerà non rimanerle se non le armi apostoliche della parola e della mansuetudine dell’esempio, e sarà suo interesse circondarsi di quella forza morale che sola la rese vittoriosa, benchè inerme, contro l’antica società del mondo pagano.
Ben di rado è savio pensiero, a parer mio, sottrarre o un individuo, o un corpo morale, o un governo, o un