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FAMIGLIA.
Ai sćèć as’ ghe n’ dà de spès — Ai ragazzi se ne dà di frequente — perchè
I sćèć i è compàgn di póe; i mangia töć i momènć — i ragazzi sono come i polli; mangiano ad ogni momento — E i Toscani: Ragazzi e polli non si trovan mai satolli; Uccellin che mette coda, mangia ogn’ora ogn’ora.
Chi gh’à di sćèć, gh’à di fastöde — Chi ha de’ figli, ha de’ fastidj — e si aggiugne:
Quando i è pissègn, i è fastöde pìcoi; quando i è granć, i è testöde granć — Figliuoli piccoli, fastidj piccoli; figliuoli grandi, fastidj grandi — Fanciulli piccoli dolor di testa, fanciulli grandi dolor di cuore.
Chi gh’à madrégna, gh’à padrégn — Chi ha matrigna, ha patrigno.
Dó gh’è di sćèć mangia a’ i već — Dove sono bambini mangiano anche i vecchi — Proverbio fatto per significare che i figliuoli non portano miseria; e si dice anche:
Ol Signùr al créa l’agnelì col so pradelì — Iddio crea l’agnellino col suo pratellino — o come dicono i Lucchesi: Nata la creatura, nata la pastura. A taluno parrà che questi proverbj manifestino una troppo grande fiducia nella Provvidenza; però, senza ricorrere al sovranaturale, trovano una spiegazione nel fatto che genitori attivi ed amorosi raddoppiano di lena e di economia col crescere la loro figliolanza; così avverasi che
Ü pader manté dés fiöi — Un padre mantiene dieci figliuoli — mentre poi
Dés fiöi no manté miga ü pader — Dieci figli non mantengono un padre — I Toscani mo-
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