< Pagina:Rime (Andreini).djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.

89

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Rime (Andreini).djvu{{padleft:101|3|0]]

  Di frondi il bosco, e ’l Rosignol gentile
  Per me non tempra mai
  Le sue voci canore,
  Per me del Sol i rai
  Del profondo Oceàn non escon fuore.
  Splend’egli a’ vivi. io son morto, e sepolto
  Nel duol, poiche Madonna il Ciel m’hà tolto.

SONETTO LXXXI.

S
E l’onda ò Tirsi altier di questo Rìo,

Che chiara, e pura senza moto giace
  Non è de gli occhi miei specchio mendace
  Deforme almo mio Sol già non son’io.
Perche dunque nemico al mio desio
  Ti mostri? e ’l cor, ch’amando si disface
  Non gradisci? e cotanto (ohime) ti spiace
  Crudo Pastor questo sembiante mio?
M’ama Selvaggio pur, ne di beltade
  L’avanzi, ò di ricchezza, ò di valore,
  Di senno, ò di virtù, se ’l ver comprendi.
Se nemico sol dunque di pietade
  Ti mostri à tanta fede, à tanto amore
  Più de gli altri conosci, ò meno intendi.

SONETTO LXXXII.

P
Astor, che ’n questi sassi, e ’n queste Piante.

Mentre quì volgi il piè leggendo miri
  Di Tirsi altier le lagrime, e i sospiri,
  Di Tirsi, che già fù di Filli amante
Sappi, che ’l fiero al variàr costante
  Hor di Filli disprezza i bei desiri,
  E gode di vederla infrà martiri
  Venirsi meno à suoi crud’occhi avante;


    E pur

    [[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Rime (Andreini).djvu{{padleft:101|3|0]]

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.