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  E quegli erranti spirti
  Per vendicarsi del sofferto ardore
  Il legaro, e li dier tormento estremo:
  Disciolto al fin tutto di tema pieno
  Celossi nel mio seno;
  Ond’è, ch’i’ amo, e temo,
  Ed amando, e temendo avampo, e tremo.

SONETTO LXXXIX.

S
E prato io veggio di bei fiori adorno,

Antro, Colle, Campagna, ò Bosco, ò Rìo
  A te volgo il pensier Tirsi ben mio,
  A te mio Sol con la memoria torno;
E dico, ò per me lieto, e chiaro giorno
  S’ei fatto al mio languir cortese, e pìo
  Per compiacer l’honesto mio desio
  Meco facesse quì dolce soggiorno.
Te chiamo ogn’hor, te, c’hò nel cor’impresso
  Tirsi per far le voglie mie contente
  De la beltà, che ’n te tanto mi piacque.
Ma qual egro son’io da febbre oppresso,
  Che di spegner desia la sete ardente,
  E ’nvan di chiara Fonte agogna l’acque.

SONETTO XC.

H
Ora che dolce tremolar le frondi

S’odono al mormorar d’aure soàvi
  Tù, che di questo cor porti le chiavi
  Ritorna ingrato, à che da me t’ascondi?
A’ miei ben furo i tuoi desir secondi
  Alhor, che meco sotto un’Elce stavi;
  E le guancie, e la bocca mi lodavi,
  Gli occhi, le mani, i capei crespi, e biondi.


    G     4          Sol

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