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  Perche ’l vostro bel volto, e ’l desir mio
  Vivesse eterno ne’ miei dolci versi;
Ma ben s’intepidì l’ardor repente,
  Anzi si fèo tutto dì ghiaccio il core,
  Quand’io m’accorsi pur del vostro orgoglio.
O più che bella altera à voi mi toglio.
  S’altri fia mai, che v’ami habbiate in mente,
  Ch’odio diventa disprezzato amore.


SONETTO CXII.

N
El bel, che ’n te mostrommi il Ciel fondai

Qual Pianta le radici del cor mio,
  E l’amoroso in me crebbe desìo
  Mentre lieta di speme io verdeggiai.
Da terra quindi al Ciel poggiar pensai,
  Ma di tua crudeltà vent’aspro, e rìo
  Seccò le frondi, e svelse l’arbor, ch’io
  Non vidi poscia rinverdir giamai;
E poi che per fiorir non haveàn loco
  Di novo ancor de la mia pianta i rami
  Al mio folle desìo troncai le piume.
Sarà chi senza speme, e serva, ed ami?
  Chi vide mai senz’onda correr fiume,
  O pur senz’esca mantenersi il foco?


Al Christianiss. Rè di Francia

HENRICO QUARTO.

SONETTO CXIII.

S’
Avverrà mai, che di tamburi, e d’armi

Rumor non s’oda, ò di guerrier tormento,
  Nè la bellica tromba animi il vento,
  E Marte contra te d’ira non s’armi


    Gran

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