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Al dolce sussurrar di placid’ore
Canta la bella sua cruda Amarille.
Sì dicea Filli, e sì la doglia acerba
In lei potèo; che d’un sudor gelato
Tutta cospersa cadde in grembo à l’herba;
Poi vinta dal furor si svelse il crine,
Squarciossi il petto, e cominciò, l’ingrato.
Ma non seguì, che ’l duolo al dir diè fine.
SONETTO CXVI.
Il mio Tirsi, il mio ben, l’anima mia;
Nè Fortuna per l’orme sue m’invia,
Ond’è che ’nvano hor io discenda, hor poggi.
Insegnatemel’ voi campagne, e poggi;
Poich’e’ non torna à me come folìa
Misera, e senza lui sembra, ch’i’ sia
Qual vite, che non have onde s’appoggi.
Forse prende gli augei trà verdi rami?
O per seguir le fere i cani aduna?
O pur dolce ombra à riposar l’invita?
Riposi, e dorma pur; ma non sia alcuna
Ninfa per mio dolor cotanto ardita,
Che dal sonno co’ baci lo richiami.
MADR. LVIII.
Stende la bianca mano,
E quel vermiglio fior coglier desìa,
Amor se mai ti mosse prego humano
Cangiami questa forma,
E ’n |
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