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  E ’n quel fior mi trasforma;
  Onde la man, che m’hà l’alma ferita
  Mi svelga ancor la vita.

MADR. LIX.

P
Erche Nisida sprezza

Per natural fierezza
  D’Amor l’alta possanza;
  Ei, che di vendicarsi hà sol desìo
  Vedendo la di lei vera sembianza
  Scolpita nel cor mio
  Sdegnato la saetta; e non s’avede,
  Che di nove ferite il mio cor fiede.

SONETTO CXVII.

Q
Uegli, onde l’alma e già da me divisa,

Per cui verso ad ogn’hor lagrime tante,
  Che fatto è sol di sua bellezza amante
  M’hà pur (ohime) perche l’adoro ancisa,
In mezo un bosco sovr’un tronco affisa
  Sparso di morte il languido sembiante
  Con le Fere parlando, e con le Piante
  Dicèa piangendo, e sospirando Nisa.
Ahi quando al nobil volto apersi il petto
  Mille giunsermi al cor pungenti spine,
  Onde gli affanni miei non han mai posa.
O di dolce principio amaro fine.
  Ma chi pernsato havrìa, che crudo effetto
  Piover devesse in noi stella pietosa?

SONETTO CXVIII.

P
Oiche fin qui trà noi partimmo il bene,

Che ’l Ciel ne diè, prendiamo Alcone in pace
  Se giro empio di stelle hor si compiace
  Che non men del gioir partiam le pene.


I     3          Non

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