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Non sempre avvien, che irato il Ciel balene,
  E da lui scenda ingiuriosa Face;
  Non sempre al Fato acerbo altri soggiace,
  Nè l’avversa Fortuna un loco tiene.
Forse avverrà, che un giorno il cor respiri
  Trà tante doglie, e più benigna sorte
  Imponga tregua a’ nostri egri martiri;
E quando altro non fia, che ne conforte
  Sò pur, che finirà tanti sospiri
  Con un breve sospiro al fin la Morte.

Sestina II.

T
Ante frondi non han le verdi chiome

Di queste piante in questa opaca selva,
  Nè tante stelle ha la più chiara notte
  Quant’io lagrime spargo. il san quest’onde,
  Che più veloce il piè movono al corso,
  E tù pur anco il vedi ò bianca Luna.
Sempr’io misera à raggi de la Luna
  Me n’ vò piangendo con incolte chiome.
  Al suon de’ miei sospir fermano il corso
  I Rivi, e tace ogni più folta selva;
  Nè mai del pianto mio s’acquetan l’onde
  O fugga il giorno, ò stiasi in mar la notte.
Parte ben (lassa me) parte la notte,
  E le Stelle spariscono, e la Luna;
  Ma non restano (ohime) di piover l’onde
  Da gli occhi stanchi. ahi prìa de le sue chiome
  Vedrò sfrondare à mezo April la Selva,
  Che de le pene mie si muti il corso.
Passato hò di mia vita il più bel corso
  Seguendoti crudele, e giorno, e notte


    Di

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