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SONETTO IIII.

Q
Ual Ruscello veggiam d’acque sovente

Povero scaturir d’alpestre vena
  Sì, che temprar pon le sue stille à pena
  Di stanco Peregrin la sete ardente
Ricco di pioggia poi farsi repente
  Superbo sì, che nulla il corso affrena
  Di lui, che ’mperioso il tutto mena
  Ampio tributo à l’Ocean possente;
Tal da principio havea debil possanza
  A danno mio questo tiranno Amore,
  E chiese in van de’ miei pensier la palma.
Hora sovra ’l mio cor tanto s’avanza,
  Che rapido ne porta il suo furore
  A morte il Senso, e la Ragione, e l’Alma.

SONETTO V.

S
Pirando l’aure placide, e seconde

Al lampeggiar di due luci serene
  La nave del desio carca di spene
  Sciolse ’l mio cor da l’amorose sponde;
Quando ’l raggio benigno ecco s’asconde,
  E spumoso fremendo il Mar diviene,
  Ed hor al Cielo, hor a le negre arene
  Del profondo sentier ne portan l’onde;
Cresce la tempestosa empia procella:
  Tal che la tema è viè maggior de l’arte,
  E vince ogni saper Fortuna avversa.
Così tra duri scogli in ogni parte
  Spezzata la mia debil Navicella
  Ne gli Abissi del duol cadde sommersa.


    A     2          So-

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