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MAD. LXIV.

P
ER finir l’aspro affanno,

Ch’io sostenni vivendo in tanto ardore
  Elessi di fuggirti empio signore;
  Ma vago del mio danno
  Mille saette m’aventasti al core.
  Dunque fiero tiranno
  Qual fia mai, che da te pace n’aspetti
  Se vicin m’ardi, e lunge mi saetti?

MAD. LXV.

Q
Uando tal volta io miro

Colui, che un tempo amai, benc’hor non l’ami,
  In un m’avampo ancor, tremo, e sospiro;
  E parmi haver al core
  Cento facelle (ohime) cento legami.
  Quant’è possente Amore.
  Se de gli effetti suoi la rimembranza
  Have di tormentarne ancor possanza.

MAD. LXVI.

D
A te m’allontanai

Sperando in simil guisa
  Di provar meno acerbo il mio tormento;
  Ma poi (lassa) ch’io sento
  L’istessa doglia ancor da te divisa:
  Torno ò mio Sole a’ tuoi cocenti rài
  Per non partir giamai;
  E s’avverrà, ch’ardendo io mi consume
  Mi fia gloria il morire à sì bel lume.

MAD. LXVII.

T
U, che sai l’arti, e i modi

Gran Maestro d’Amore,
  E gli inganni, e le frodi,


    Ch’altri

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