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  La prima Nave, anzi la tomba prima
  De’ vivi al salso osò fidar viaggio.
Alhor chi de le Pleiadi, ò de l’Orse
  La forza discernèa? chi l’altre stelle
  Di calma apportatrici, ò di procelle
  Per l’ondoso Oceàn vagando scorse?
Chi d’Euro, d’Aquilon, d’Austro, ò di Coro
  Temea? quando non ch’altro il nome ascoso
  Era, onde nulla il fiero, e minaccioso
  Fiato curò la bella età de l’oro.
Alhor quelle felici, e liete genti
  Ricche in lor povertà godèan secure
  Le ghiande, e i pomi, e l’acque fresche, e pure
  Non curando d’esporsi à l’onde à i venti,
Ma Tifi pien di temerario ardire
  Ruppe oltraggioso il Mar con fragil barca
  Sempre infedel d’avara gente carca
  Cui de l’oro spronò cieco desire.
Il Mondo, che diviso era, la Nave,
  Che prima oppresse il Mar insieme unìo,
  Ogni rischio mortal posto in oblìo
  Per haver de’ suoi danni il ventre grave.
Diè nova cura à’ dispiegati lini
  In varie guise raccogliendo il vento;
  E ’l guardo tenne, e ’l lieve corso intento
  A gli altrui remotissimi confini.
Ma s’ella osò dar legge al vasto seno
  De l’Oceàno, ei di giust’ira acceso
  Contra ’l nemico insolito suo peso
  Tutto allargò delle procelle il freno;
Siche talhor parèa fosser portate
  Le genti d’Argo a l’atre nubi in grembo,


    Ed hor

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