< Pagina:Rime (Andreini).djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.

169

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Rime (Andreini).djvu{{padleft:181|3|0]]

Anch’io di tua virtù gli almi tesori
  Scorgendo intenta, onde l’oblìo dispregi,
  L’oblìo tomba nemica à i fatti egregi
  Dubbia son di qual prìa mio stile honori.
Ma tuo nome immortal non basta solo
  Pirro, che qual Piropo à noi risplendi
  A rischiarar mie tenebrose note?
Deh mentre spieghi glorioso volo
  Saggio guerriero, ed à le sfere ascendi
  Miei carmi affigi à quell’eterne rote.


AL SERENIS. FERDINANDO MEDICI

Gran Duca di Toscana.

SONETTO CXLIII.

H
Or poi che note sì soàvi, e scorte

Con celeste armonìa fiedono i venti
  Di tanti, c’hoggi à celebrarti intenti
  Han di cantar la tua grandezza in sorte,
Volino pur da tali ingegni scorte
  Tue chiare lodi à le più strane genti
  O gran Fernando, anzi à le sfere ardenti
  Vincitrici del Tempo, e de la Morte;
Che forse in tanto fia, c’humil cornice
  Canti quella virtù sublime, quella
  Virtù, ch’è del tu’honor la base antica;
Nè biasmo fia; che spesso herba infelice
  Tra’ fior si scorge, e presso ad empia stella
  N’appar sovente fida stella amica.

SONETTO CXLIV.

A
Rsi molt’anni; e per cangiar di loco

Non s’estinse giamai l’ardor cocente;


    Ond’io

    [[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Rime (Andreini).djvu{{padleft:181|3|0]]

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.