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All’Illustriss. & Reverendiss. Sig.

CARDINAL S∙GIORGIO

CINTHIO ALDOBRANDINI.

SONETTO CXLVIII.

F
Ebo (no’l mi negar) ond’è, che ’l volto

Pallido hai sì? qual Fato à noi contende
  Tua luce, che già tanto invan s’attende:
  Forse ancor Dafne à lagrimar se’ volto?
O pur d’invidia hai tù nel seno accolto
  L’angue crudele, hor che lo sguardo intende
  Ogn’alma al novo Sol, ch’altero splende
  In guisa tal, ch’à te l’honor n’è tolto.
Ben hai d’acerbo duol cagion’eterna
  Poiche verno piovoso, e notturn’ombra
  Ti fan perpetuo temerario scorno.
Cinthio quand’arde il Mondo, e quando verna
  Di gloria cinto ogn’atro vel disgombra
  Ne le tenebre ancor di raggi adorno.

MAD. CVIII.

R
Apirò se non doni

Avarissima Clori;
  Furerò ladro Amante quei tesori
  Onde sì ricca vai,
  Ed oprargli non sai;
  E l’amorosa fame (ahi lasso) ond’io
  Per soverchio digiun vengo già meno
  Farà, che ’l furto mio
  Se non fia giusto fia scusato almeno.


MAD.

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