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  Del mio sguardo, che Fenice
  Nel morir divien felice.
Dolci pomi, ed acerbetti
  Pur quel candido sentiero
  Veggio in voi, ch’almi diletti
  Mi promette; per voi spero
  Che trà neve, e neve ardendo
  Vada l’alma al Ciel salendo.
Ma perch’altri, ov’io non poggi
  A me solo Amor gentile
  Scopri i duo nevosi poggi,
  Che fiorir fan vago Aprile;
  Che lampeggian fiamme d’oro;
  A tè gloria, à me tesoro.
O se tanto mi concedi
  Amor. vedi. nel mio canto
  Dirà Clio tuo nobil vanto.

SONETTO CLIII.

A
Nima stanca à che sospiri, e piagni?

E sordo à’ tuoi sospir, cieco al tuo pianto
  Quei per cui notte, e dì ti struggi, e lagni,
  Quei, che l’angosce tue si prende à vanto.
Ahi se lunge da lui sol godo quanto
  Mi son pianti, e sospir fidi compagni
  Perche vuoi, che da loro io mi scompagni?
  Doppia il duol de gli afflitti il riso, e ’l canto.
Sfogo così del tormentoso petto
  L’aspro martir, che sol s’alleggia, e molce
  Al chiaro lume de l’amato oggetto.
Trabocchi in pianto pur l’interno affetto.
  Non è forse talhora il pianger dolce?
  Han le lagrime anch’esse il lor diletto.


    SO-

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