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SONETTO IX.

O
Non men crudo, e rio, che bello, e vago.

Pur à tua voglia tu mi leghi, e snodi;
  E pur con mille inusitati modi
  M’affligi, e del mio pianto ancor se’ vago.
Quando sarai del sospirar mio pago?
  Quando avverrà, che del mio mal non godi?
  Crudel tu fuggi, e ’l mio pregar non odi,
  Cruda Tigre son forse, ò fiero Drago?
Volgiti, ascolta, arresta il passo un poco;
  Accogli ingrato i lagrimosi preghi,
  Vedi come per te tutta mi sfaccio.
Questa sola mercè non mi si nieghi,
  S’arder meco non vuoi dentr’al mio foco
  Deh m’insegna à gelar dentr’al tuo ghiaccio.

SONETTO X.

L
E perle già di rugiadoso humore

Da l’aureo crin scotèa l’Aurora, quando
  Con l’usate sue reti uscì cantando
  Tirsi gentil del caro albergo fuore.
Tese à gli augelli, e (non sò come) Amore
  Prese, che quivi alhor se n’ gìa vagando:
  Stupido, e lieto al suo prigion parlando
  Disse l’accorto, e ’n un saggio Pastore.
Amor le brami esser da me slegato
  Giura di non ferirmi il cor giamai;
  Ed egli, quanto vuoi prometto, e giuro.
Alhor Tirsi lasciollo andar securo.
  Filli dolente, che più speri homai
  S’hà di non saettarlo Amor giurato?


    SO-

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