< Pagina:Rime (Andreini).djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.
210

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Rime (Andreini).djvu{{padleft:222|3|0]]

SONETTO CLXXXIX.

A
Ncor, ch’altro non sia questa mia vita,

Che vil massa di fango atra, ed impura
  In questa Valle di miserie oscura
  A tanti errori, à tante colpe unita;
Io pur Signor son del tuo grembo uscita,
  Son pur signor de le tue man fattura;
  Scorgimi dunque, e di me prendi cura,
  E dammi al ben’ oprar pietosa aìta.
Quell’età, ch’assai può, ma vede poco,
  Che d’insani pensier mai sempre abonda
  O Monarca del Ciel perdon m’impetri.
S’accenda l’alma del tuo santo foco,
  E di questi occhi miei la tepid’onda
  L’ostinata del cor durezza spetri.

SOLETTO CXC.

A
Tè le ardenti mie preghiere invìo,

A tè Padre del Cielo humil ne vegno.
  Deh non haver quel, ch’io ti sacro à sdegno.
  Ma pon mente à l’interno alto desìo.
A tè sacro l’affetto del cor mio,
  E i frutti ancor del mio mal colto ingegno.
  Sò che picciolo è ’l don, so, ch’egli è ’ndegno.
  Di tè vero Monarca, e vero Dio.
Mà se tù non ricusi ò sommo bene
  D’accorlo nel tuo sen di grazia pieno,
  Degno farallo il tuo favor divino.
Pianta così se trasportata viene
  Da Monte alpestre ad un Giardino ameno
  Nobil frutto produce, e pellegrino.


    SO-

    [[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Rime (Andreini).djvu{{padleft:222|3|0]]

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.