< Pagina:Rime (Andreini).djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.

217

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Rime (Andreini).djvu{{padleft:229|3|0]]

  Ridendo intorno a’ fortunati vasi,
  Che ’l soàve liquor tengono in seno;
  Ed ecco è da le nevi, e da le brine
  Già vinto il Sole; onde ’l Bifolco riede
  Da’ venti spinto al suo Tugurio humile.
  Quivi securo posa ardendo il bosco,
  Onde ne tempra il verno. Così vanno
  Ne le forze del Tempo ad una, ad una
  Le fugaci stagioni; & io dolente
  I miei noiosi affanni nel suo grembo
  Giamai non poso. dunque afflitta, e mesta
  Sarò non meno alhor, che Filomena
  Torna piangendo, e le Campagne, e i Prati
  Ridon; ma quando ancor le Valli assorda
  La noiosa Cicala; e quando i rami
  Pendono carchi à terra; e quando stanco
  Il vigile Arator depon l’aratro.
  O Damon prendi in grado i miei sospiri,
  E prega il Ciel, che mentre in questa Valle
  Di miserie vivrò, l’amaro pianto
  Non m’abbandoni, acciò che s’io non posso
  D’altro honorarti, almen t’honori (ahi lassa)
  Distillando per gli occhi il cor dolente.

HIELLE PIANGE LA MADRE.

F
Uggendo il lume à le spelonche tratti

S’eran gli Augei notturni;
  E già svegliata uscìa la Rondinella
  A’ bei raggi diurni;
  Quando più ch’altra bella
  Hielle sorgendo, la vermiglia Aurora
  Vide, che violette, e rose, e gigli


Da

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Rime (Andreini).djvu{{padleft:229|3|0]]

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.