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  Vide, che non havèa la guancia aspersa
  L’Aurora; nè di fiori adorno il crine;
  Ma tutta di pallor dipinta, e smorta
  Parèa, ch’à tutto suo poter celasse
  Trà le caliginose nubi il viso.
  Talche la bella Hielle
  Hor queste cose, hor quelle
  Mirando, mentre pur de gli occhi fuore
  Versava humor di doglia,
  E dal seno trahèa sospir di foco
  Aperse i bei rubini, e ’n questi accenti
  La lingua sciolse. O Genitrice amata
  Come al tuo dipartir cangiate sono
  Tutte le humane cose. Ecco non riede
  Primavera ridente, ecco i sassosi
  Monti d’algente neve il mento, e ’l dorso
  Hanno coperto, e le pinose teste
  Cariche son di brine;
  E solo ortiche, e spine
  Si veggon per li campi; i Colli ameni
  Son’ anch’essì d’horror tutti ripieni;
  E gli augelletti sovra i secchi rami
  Stannosi muti; ecco le pecchie i fiori
  Non ritrovando per le piagge apriche,
  Onde farsi di mele i corpi gravi
  Sparse vanno, e lor celle
  Lasciano in abbandono. ecco la Greggia
  Và ssenza guida errando,
  E par dica belando
  Nisida è morta, ecco non miri i pesci
  Più guizzare, ò scherzar per le chiar’onde;
  Nè si veggon le Ninfe


    Guidar

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