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  Da mille piaghe aperto
  Lo veggio, i’ non saprei
  Imaginarmi un mostro
  Di lui più brutto, e più deforme in terra.
  Ohime qual fera stella
  Mi costringe ad amarti
  Ingrata Clori, quando
  Pur odiar ti devrei?
  Ah, che s’io fossi accorto
  O sprezzar disprezzato deverei,
  Overo usar la forza.
  Ma che parl’io di forza, ò di disprezzo?
  Ah, che sprezzar non puote
  Colui, che troppo ammira
  Ohime, ch’odiar non puote
  Colui, ch’è tutto amore;
  E non può chi molt’ama
  Usar atto villano;
  E poco ardisce amante
  Quando molto nel cor foco nutrisce.
  Dunque sperar non deggio
  Altro poter, altro voler amando,
  Che voler, che poter mai sempre amare.
O care amiche piante
  Misero à voi piangendo
  Dico le mie sventure;
  A voi, che mi porgeste
  Soàue, e fresca l’ombra,
  Quando dal collo amato
  Pendèa de la mia Clori
  Con egual gioia alhor de’ nostri cori.
Oh voglia il Ciel s’alcuno


    R     3          Hor

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