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E senza core, al mio martìr non crede,
Nè presta (iniqua) fede à la mia fede;
Ma conceder non puote
Quel, ch’ella non possiede.
O Ninfa ingannatrice, e lusinghiera
Vuol dunque Amor, che ’l tuo difetto sia
Lasso, la doglia mia?
Deh dolcissima Clori, deh mia vita
Ne l’amorosa mia fiera tempesta
Sia l’una, e l’altra luce
Del tuo bel volto e Castore, e Polluce,
E ’l tuo candido sen porto tranquillo.
Sai pur (ne punge ambizione il core)
Quant’io sia grato à le canore Dive,
Che del gorgoneo Fonte guardan l’acque,
Anzi tù pur sai quanto caro i’ sia
A lui, che Dafne invan fera seguìo;
Ch’anzi in Thessaglia volle
Far di sue belle membra il primo alloro,
Che darle in dono à sì possente Dio;
Ma perche ’l canto mio
Clori à te narro? à te, che mille, e mille
Volte il lodasti? e mentre, ch’io scioglièa
Le parole, e la voce
De la mia cetra al suono,
Tù da la gioia vinta,
E le parole, e ’l canto
M’interrompevi con soavi baci.
Ma tù come di Mopso
La memoria perdesti,
Così d’ogni piacer, ch’Amor concedè
Non ti rammenti; ed io
R 4 Ogni |
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