< Pagina:Rime (Andreini).djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.
264

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Rime (Andreini).djvu{{padleft:276|3|0]]

  Ogni piacer andato hò sempre in mente;
  Che le passate gioie
  Non si scorda giamai fedel Amante.
Ecco l’altr’hier m’assisi
  Sopra la molle herbetta,
  Che di fiori ingemmata
  Rende più vago il fonte,
  Che da la sua chiarezza il nome prende;
  E quivi tutti quasi innanzi à gli occhi
  Mi ridussi i piaceri,
  Ch’io v’hebbi teco, e quivi
  Altrottanto infelice
  Quanto felice fui.
  In mestissimo suon versi cantai.
  Mesto, ma però grato
  A le selvagge Dee,
  A i boscarecci Fauni,
  A gli hirsuti Silvani,
  A i Satiri lascivi, e ’n somma à quanti
  Habitan boschi, monti, grotte, e valli;
  Che tutti à i lagrimosi
  Miei carmi ratti accorsero pietosi.
  Ma tù benche i’ sia tale,
  Che cantando, e scrivendo alzar io possa
  Di Clori il nome à le dorate stelle
  Non mi stimi; anzi cruda hor godi, poi
  Che non m’inspiran più versi leggiadri
  Le antiche Muse; ch’albergar non ponno
  Trà tanti affanni; e già la stanca lira
  Negletta pende, e le scordate corde
  A l’ingiurie avanzate di Fortuna,
  Mentre piangendo le miserie mie


    Con

    [[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Rime (Andreini).djvu{{padleft:276|3|0]]

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.