< Pagina:Rime (Andreini).djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

19

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Rime (Andreini).djvu{{padleft:31|3|0]]

Di questo Egeo mortal l’atre procelle
  Care viscere mie cotanto acerbe
  Deh quando scorgeran porto tranquillo?
O s’avvien, che per voi stanza mi serbe
  Pietoso il Cielo, e prema un dì le stelle,
  Felicissimo pianto, ond’hor mi stillo.

All’Illustriss. & Reverendiss. Sig.
CARDINAL S. GIORGIO
CINTHIO ALDOBRANDINI.

SONETTO XXI.

A
Lta sorte (ma giusta) in ogni terra,

In ogni bosco ancor lodar s’intende
  Cinthio il tuo nome; ond’altri hoggi comprende,
  Ch’è spazio angusto al tuo valor la terra.
E quei, che ’l tutto frange, e ’l tutto atterra
  A’ tuoi gran pregi homai vinto si rende;
  Poiche mentre à lodarti ogn’uno intende
  L’ultimo, che ti loda è ’l primo, ch’erra.
E dritto è ben, poi che col Sol la luce
  Non è congiunta sì com’hor il senno,
  La Virtù, la Bontà teco e ristretta.
Tal, ch’ogni lingua è d’honorar costretta
  Quella gloria immortal, che ’n te riluce;
  E chi parlar non sà loda col cenno.

SONETTO XXII.

S
Tolto mio cor à che vaneggi? e quale

Ti figuri piacer? qual gioia credi
  Fruir amando? ahi misero non vedi
  Ne l’altrui doglie il tuo presente male?


    B     2          Sospi-

    [[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Rime (Andreini).djvu{{padleft:31|3|0]]

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.