< Pagina:Rime (Andreini).djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.

TAVOLA. 301

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Rime (Andreini).djvu{{padleft:313|3|0]]

Alla gran Duchessa di Toscana.

Quel celeste candor, che ’n te si vede  160 
Quando à raggi d’Amor prìa si scaldaro  172 
Qualhor ti veggio tosto al cor mi scende.  177 

Risposta al Sig. Gio. Tomaso Gallarati.

Qualhora per sottrar la mente grave.  205 

S

S’alcun fia mai, che i versi miei negletti.  1 
S’avverrà mai, ch’ad alcun pregio arrive  2 
Spirando laure placide, e seconde  3 
Se quello, ond’io mi stillo à parte à parte.  17 

Al Sig. Conte di Fuentes.

S’à feroce destrier premendo il dorso  18 
Stolto mio cor à che vaneggi? e quale  19 
Speme fallace à che pur l’ale impiumi.  33 

Alla Sig. D. Marfisa d’Este Cibò.

Se formasser le stelle humani accenti.  34 

Alla Sig. Duchessa di Modona.

Se da le sfere, onde ’l valor prendeste.  61 

Al Sig. Paolo Agostino Spinola.

Se con la man di rose al Cielo intorno.  69 
Se l’onda ò Tirsi altier di questo Rìo  89 
Scoprami pur’ Amor di sdegno armate  99 
Se prato io veggio di bei fiori adorno.  103 

Al

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Rime (Andreini).djvu{{padleft:313|3|0]]

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.