< Pagina:Rime (Andreini).djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.
34

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Rime (Andreini).djvu{{padleft:46|3|0]]

Sciogliete il freno pur dolenti lumi
  Al pianto, e tù mio cor apri le porte
  Al duol, sì che pietosa al fin la Morte
  Lo mio stame vital rompa, e consumi.
Così quegli egualmente e bello, e rio,
  Che di macigno il petto, e ’l cor sempr’hebbe
  Di mia morte vedrà sazio il desio;
O pur se del mio duol mai non gli increbbe
  In lui Pietà dal freddo cener mio
  Calde fiamme d’Amor destar potrebbe.


Alla Illustriss. & Eccellentiss. Sig.

D. MARFISA D’ESTE CIBO

Marchese di Massa, &c.

SONETTO XXXIIII.

S
E formasser le Stelle humani accenti

  Dirian, che quanta havean bellezza in loro
  Sparsero in questa, ch’io più, ch’altra honoro
  Per mostrarsi quà giù, ricche, e possenti.
Ma non ragionan le due Stelle ardenti
  Di quel bel volto, e quelle chiome d’oro?
  Non dice il riso dal celeste choro
  Venni à beàr le pellegrine genti?
Fortunati mortali aprite il seno,
  E l’Alma voli entro la nobil luce
  De gli occhi, ond’anco esser Fenice io spero.
Di   Marfisa l’angelico sereno
  Sgombra la mortal nebbia, e qual sentiero
  D’alta bellezza al sommo bel conduce.


    SO-

    [[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Rime (Andreini).djvu{{padleft:46|3|0]]

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.