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Forse ne’ veli suoi notturni alhora,
  Che ’l suo caro Pastor vagheggiar suole
  Cintia è sì bella? è così bello il Sole
  Quando spunta il mattin del Gange fuora?
Nò; ch’à Madonna egual l’eterne rote
  Lume non hanno: al cui splendor m’avveggio
  Fiammeggiar l’ombre de le oscure bende.
Ombre soàvi, onde ’l mio cor s’accende
  Quel raggio, ch’io nel vostro fosco hor veggio
  Rischiari homai mie tenebrose note.


All’Illustrissimo Sig.

D. GIROLAMO CENTURIONE.

SONETTO LIII. [LIIII.]

Q
Ual Fenice sarà, che l’auree piume

Battendo, fia d’avvicinarsi ardita,
  O degna senza tua benigna aìta
  De la tua gloria al fiammeggiante lume?
Scorgonsi alzati oltre l’human costume
  Tuoi chiari pregi sì, ch’ogni spedita
  Lingua, ogni mente al fin trà via smarrita
  Resta; nè d’ir tant’alto unquà presume.
E chi fù mai, che per virtù fuggito
  Da la rapacità de gli anni avari
  Centurion qual tè splendesse in terra?
Per essempio felice altrui t’addito
  Contr’al furor, che Morte empia disserra.
  Da tè dunque eternarsi ogn’alma impari.


    D     4          All'-

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