< Pagina:Rime (Andreini).djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.
64

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Rime (Andreini).djvu{{padleft:76|3|0]]

Alla Illustrissima Sig.ra

PLACIDIA GRIMALDI.

SONETTO LXII.

I
Nfrà le sete, infrà le gemme, e gli ori

In cui sia pregio, e magistero accolto
  Meraviglia non è, che nobil volto
  Scopra d’alma beltà ricchi tesori;
Ma che trà foschi, e tenebrosi horrori
  D’oscuri manti, e negre bende involto
  Fiammeggi un guardo sì, ch’ogni più sciolto
  Cor preso resti, e viva in dolci ardori;
Miracol novo, e raro al Mondo parmi,
  Ed è; poiche non pon bellezze meste
  Beàr l’alme, od aprir profonde piaghe.
E pur tua gloria è questa. hor se di vaghe
  Spoglie adorni Placidia il bel celeste
  Arderai, ferirai le nevi, e i marmi.

SONETTO LXIII.

C
into di neve il crin d’intorno agghiaccia

Borea crudel; ma benc’horrido, e fiero
  Sia tanto, ei già non frena il mio pensiero,
  Nè fia, che ’l suo rigor temer mi faccia.
Hor segue il piè del mio desir la traccia,
  Onde quetar lunghe fatiche io spero
  Per lui, ch’è di virtute essempio altero,
  Per lui, ch’ogn’alma in cari nodi allaccia.
Tenti l’estremo suo l’alpina asprezza,
  Sia quanto vuol canuto Verno algente.
  Vincesi il tutto col favor divino.


    Invan

    [[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Rime (Andreini).djvu{{padleft:76|3|0]]

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.