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  S’à me sì ingiustamente hor ti se’ tolto
  Onda sarà, che la tua colpa lavi?
Ma vanne pur, vanne crudel, ch’io spero,
  Che del tuo vaneggiar fia pena il fallo,
  Né fia, che un tardo sospirar ti giove.
Com’io scorgo me stessa in bel cristallo,
  Di te sì veggio il tradimento vero,
  Ond’à giusta vendetta il cor si move.

SONETTO LXII.

 

A
Mor tù pur hai l’arco, e la faretra,

Perche ti mostri al saettar sì tardo?
  Aventa Amore il tuo possente dardo,
  Spezza l’aspro rigor di questa pietra.
Ahi che tanta mia doglia non impetra
  Da que’ begli occhi un men superbo sguardo;
  E di lor viva fiamma io pur tutt’ardo,
  Egli se ’l vede e non però si spetra.
Si spetri l’empio, ò me con gli occhi suoi,
  C’han pur forza di farlo, homai trasforme
  Per minor mio tormento in selce dura.
Quindi immobile fatta non più l’orme
  Seguirò di chi fugge; onde secura
  Fia pur l’Anima mia da’ colpi tuoi.


MAD. XXVIII.

N
E l’esperie Contrade

Sedèa custode à’ ricchi pomi d’oro
  Feroce Drago altero.
  De la vostra beltade
  Al singolar tesoro
  Quasi spietato, e fiero


Drago

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