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AD UN OROLOGIO GUASTO



Poi che il pendolo tuo giù penzoloni
  Non ha più moto ed impotente sta
E gl’inutili pesi ha testimoni
  4Della perduta sua vitalità,

Vecchio strumento, m’affatico invano
  A ridestar l’antica tua virtù;
Inutilmente con l’industre mano
  8Tento la molla che non tira più.

Questa tua chiave, che ficcai sì spesso
  Nel suo pertugio, inoperosa è già;
Rotto è il coperchio e libero l’ingresso
  12Ad ogni più riposta cavità.

Deh, come baldanzoso un dì solevi
  L’ora dolce del gaudio a me segnar,
E petulante l’ago tuo movevi
  16Non mai spossato dal costante andar!

Quante volte su lui lo sguardo fiso
  Or tengo e penso al buon tempo che fu!
Se almen segnasse mezzodì preciso...
  20Ma sei e mezza!... e non si muove più!

Sbolenfi - 8.

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