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argia sbolenfi | 139 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Rime di Argia Sbolenfi.djvu{{padleft:173|3|0]]
Un tempo, e ben lo sai, morta di fame,
15Schiava del tuo stranier temprò la plebe
Ceppi a se stessa su la propria incude:
Pe’ sacerdoti tuoi le turbe grame
Reser feconde le sudate glebe
E sul solco natio caddero ignude
20Ai campi della Chiesa util letame;
Ma un Dio consolatore
Da’ sacri templi a lor dicea: «Soffrite,
Turbe nate al dolore
E che felici nel dolor morite,
25Poi che v’aspetta in ciel di Dio il sorriso
E sol de’ tribolati è il paradiso».
Dolci tempi, o Signor, ma triste il giorno
In cui la libertà disse il suo nome
La prima volta nella rea Parigi,
30Poi che le turbe allor volsero intorno
Torbido l’occhio e scossero le some
Brandendo l’armi ad operar prodigi
Di che all’anime pie duro è il ritorno.
Germogli del mal seme
35Crebbe il tristo terren le idee novelle;
Compresso indarno, freme
Tra i nuovi ceppi il popolo ribelle,
E poi che in cor gli agonizzò la fede
Non più la libertà, ma il pan ci chiede.