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162 rivista di scienza

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Rivista di Scienza - Vol. I.djvu{{padleft:172|3|0]]agiscono un campo elettrostatico e un campo magnetico di conosciuta intensità. Fu appunto per l’accordo molto rimarchevole dei risultati delle esperienze con i valori calcolati da Abraham che si potè concludere essere tutta la massa dell’elettrone di natura elettromagnetica, e che perciò la carica elettrica dell’elettrone non è associata a un nocciuolo materiale.

Al problema della massa dell’elettrone in moto si riconnette tutta l’elettrodinamica dei corpi in movimento e quindi il complesso poderoso delle ricerche teoriche del prof. Lorentz, destinate, tra l’altro, a ricercare l’influenza del moto assoluto della Terra sui fenomeni ottici ed elettromagnetici constatabili alla sua superficie.

Tutte le teorie elettromagnetiche che adesso si contendono il campo sono fondate sulla ipotesi di un etere le cui parti sono immobili, l’una rispetto all’altra, e che perciò si considera come in riposo assoluto; in particolare quella del Lorentz ammette che non esistono altre cariche elettriche che quelle dovute al movimento di essi; tale movimento si compirebbe quasi liberamente nei corpi conduttori, mentre sarebbe ostacolato da forze elettrostatiche negli isolanti.

E poichè il complesso di elettroni risiedenti in un corpo in quiete relativa rispetto alla terra è trascinato da questa nel suo moto attraverso lo spazio, ed equivale perciò a un sistema di correnti di convezione, sembra a prima visto che debba esser possibile, con l’osservazione dei fenomeni elettrici (o dei fenomeni ottici che a quelli si riconducono) aventi luogo alla superficie terrestre, dedurre il moto assoluto della Terra, cioè il suo moto rispetto all’etere.

Invece tutte le esperienze finora eseguite a questo intento hanno sempre condotto a esito negativo.

La prima teoria del Lorentz rendeva conto dell’esito negativo di queste esperienze finchè si ricerchino effetti dovuti ai termini contenenti al primo grado il rapporto della velocità di traslazione alla velocità della luce, non giustificava invece il risultato negativo di una celebre esperienza di Michelson e Morley, la quale, per la prevista percettibilità degli effetti dovuti ai termini del secondo ordine, avrebbe dovuto dare un esito positivo.

Una nuova ipotesi fu quindi necessaria per mettere d’accordo la teoria col fatto nuovo; e siccome il Poincaré aveva obiettato che ancora nuove ipotesi si sarebbero dovute introdurre per spiegare ogni nuova esperienza a esito negativo, il Lorentz riuscì nella sua Memoria del 1904 a dimostrare, con alcune ipotesi fondamentali e non trascurando termini di alcun ordine, che non è possibile mettere in evidenza alla superficie terrestre il moto della Terra rispetto all’etere considerato come in quiete assoluta. Per giungere a questo risultato egli dovè ammettere:

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