< Pagina:Rovetta - Baby e tiranni minimi.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.
148 baby

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Rovetta - Baby e tiranni minimi.djvu{{padleft:148|3|0]]perchè ogni giorno trascorso era un nuovo passo ch’egli aveva fatto verso la cara perduta. La sua vita correva triste e solitaria, ma correva ed era tranquilla; e allora, sempre quel cattivo genio, gli volle negare anche la pace, e fu preso dalla piccola sirena, incosciente e spensierata, che per ridere o far ridere, gli aveva avvelenata l’anima e il sangue... Sì, sì, sì: egli rinnegava la fede e si ribellava contro il cielo. Egli non poteva credere altro che nel male, perchè il male era stato più forte e aveva vinto; egli non poteva credere altro che nell’inferno, perchè l’inferno lo sentiva nel cuore!

In quei pochi giorni, Andrea era diventato così macero, sparuto, giallo, da far paura e pietà. Quando gli fu annunziato l’arrivo di Giuliano ebbe prima un sorriso da ebete; poi si scosse all’improvviso, e lanciò sulla Baby un’occhiata torva, minacciosa, in cui lampeggiavano l’odio e la gelosia.

Il conte Giuliano aveva scritto da Navaledo che sarebbe arrivato a Peschiera alle sette di

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.