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174 emilio salgari

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– Gli uomini d’oltremare sono protetti dai buoni geni e tutto possono.

– Ma cosa dovremo fare per rendere feconde le tue risaie?...

– Basterà che sputiate entro un vaso pieno di riso[1] e le piante di quei semi cresceranno rigogliose.

– Sei certo?

– Tre anni or sono un altro uomo d’oltremare fece ciò che chiedo a te e la raccolta fu abbondante.

– Ed io farò altrettanto.

– Andiamo: mettetevi fra i miei guerrieri che vi proteggeranno dal vostro nemico.

S’alzarono, uscirono dalla macchia e giunsero là ove aspettavano i Dayachi. Questi, ad un comando del capo, li circondarono impugnando i loro parangs-ilang, le loro mazze e le loro cerbottane, pronti a difenderli contro qualunque sorpresa.

I due musicisti si misero a picchiare furiosamente i gongs, facendo un baccano assordante e la truppa si mise in marcia attraverso alla foresta.

Mezz’ora dopo giungeva dinanzi al kampong.


CAPITOLO XXI.

Il supplizio di Aier-raja


Il villaggio dayaco era situato sulla riva di una vasta palude, la quale irrigava un vasto tratto di terreni coltivati a risaie. Era una specie d’immensa piattaforma sostenuta da migliaia di pali piantati in acqua, sorreggente numerose capanne di bambù e di foglie di banani ed alcuni recinti destinati ai polli, ai piccoli babirussi addomesticati, ad un grande numero di scimmie e ad accogliere i prodotti della terra, riso, frutta e patate dolci chiamate ubis.

In mezzo sorgeva il soppo, ossia la capanna del capo, che era più

  1. Storico.
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